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mercoledì 22 giugno 2016

XIII Domenica del Tempo Ordinario


Dal primo libro dei Re (1Re 19,16.19-21)

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 5,1.13-18)

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

 

Le letture che la Chiesa ci propone per questa domenica sono molto dense, perciò è utile trovare un punto prospettico che ci orienti.

La seconda lettura può aiutarci. Contiene, infatti, un’espressione che potrebbe fare da sintesi a tutto il Nuovo Testamento: «Tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”».

Ciò che colpisce maggiormente di questa frase, è il fatto che Paolo scelga di non nominare la prima parte del comandamento dell’amore: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.

Anche l’evangelista Giovanni aveva fatto la stessa cosa al capitolo 15 del suo libro, scrivendo: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi».

Cosa vogliono dire queste omissioni? Non bisogna più amare Dio?

Il vangelo di Luca di questa domenica, forse, può aiutarci a capire.

Infatti, di fronte ai discepoli così appassionati nella difesa del loro Signore («Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?»), Gesù «Si voltò e li rimproverò».

Il fatto è che “amare Dio” è molto pericoloso, perché l’uomo – come vediamo anche ai nostri giorni – può usare questo sentimento per rigirarlo contro gli altri uomini: quante generazioni, come i discepoli del vangelo, hanno invocato fuoco e fulmini sui nemici (o semplicemente sui diversi) in nome di Dio? Quanti sono passati dalle preghiere, affinché Dio sterminasse gli altri, all’azione, sterminando loro, per conto di Dio, le altre persone?

Il Nuovo Testamento, allora, inserisce un anticorpo a questa deriva: il test per verificare se sei in linea con il cuore del Padre è vedere se ami il prossimo, foss’anche samaritano, oppositore, nemico.

E questo sistema immunitario vale per i singoli come per le comunità, perché il rischio è sempre quello di giustificare il nostro non amore per il prossimo (che personalmente ameremmo tantissimo, così spesso ripetiamo) con la scusa delle strutture, dei grandi numeri, delle necessità istituzionali, ecc…

Faccio solo un esempio per farmi capire: i divorziati, le donne, gli omosessuali, gli stranieri, i disabili sono tutte categorie di persone che, a parole, stanno a cuore alla chiesa. E tanti cristiani, personalmente, vivono relazioni significative con loro. Ma ci è voluto un papa che arrivasse dall’altra parte del mondo per smuovere un po’ le strutture stantie delle comunità cattoliche che li lasciavano continuamente fuori, in nome di Dio e delle sue leggi…

E quante altre sofferenze ed umiliazioni si sono inferte in nome di Dio e delle sue leggi… mi davano da pensare, in proposito, alcune frasi del vangelo, che istintivamente ho percepito come fastidiose: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio» e «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Sono frasi che, se lette correttamente, indicano la passione di Gesù per il Regno e il suo desiderio di contagiare gli altri, ma risultano antipatiche perché, in passato, la chiesa le ha proposte come emblemi della radicalità della sequela di Gesù, cosicché, per esempio, un gran numero di monache di clausura non ha potuto partecipare ai funerali dei genitori (e, guardando le cose da un altro punto di vista, ha lasciato le famiglie prive della loro presenza in momenti così delicati); oppure un gran numero di religiosi e chierici sono stati forzati a perseverare nel loro stato di vita per paura di essere assimilati a quello che, messa mano all’aratro, si è voltato e dunque non è adatto per il regno di Dio… che in certi tempi non si faceva fatica a far coincidere col paradiso…

Quanti patimenti “in nome di Dio e delle sue leggi”, vere o presunte… Che brutto il ruolo svolto da Dio… tratteggiato come un amante patologico, che, in nome dell’amore che dobbiamo volergli, annienta la nostra persona… che infelice destino per la chiesa, che doveva essere la custode della buona notizia del vangelo… il quale, come accennavamo, l’anticorpo l’aveva innestato: «Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”». Se ci fossimo concentrati su questo… e avessimo lasciato un po’ più perdere le distorsioni legate al manipolabile amore per Dio… forse tanta gente sarebbe stata un po’ meno male per colpa nostra.

Possiamo però ripartire da questa consapevolezza, magari anche semplicemente provando a ripensare le verifiche dell’anno pastorale appena trascorso, non chiedendoci se quest’anno abbiamo molto amato Dio, ma quante relazioni buone abbiamo instaurato con il prossimo.

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