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martedì 19 aprile 2016

V Domenica di Pasqua


Dagli Atti degli Apostoli (At 14,21-27)

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.

 

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 21,1-5)

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-35)

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

In questa V Domenica di Pasqua sembra che la liturgia della Parola voglia farci porre l’attenzione sulla novità rappresentata da Gesù:

-          La prima novità è quella che raccontano gli Atti: Dio ha aperto ai pagani la porta della fede.

-          Giovanni, poi, nell’Apocalisse vede un cielo nuovo e una terra nuova e sente proclamare da Colui che sedeva sul trono: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»;

-          Infine, Gesù stesso, nel vangelo annuncia: «Vi do un comandamento nuovo».

Per comprendere il senso di questa novità credo sia utile andare, per una volta, al rovescio: cronologicamente, infatti, è stato scritto prima il libro degli Atti degli apostoli, poi il vangelo di Giovanni e infine l’Apocalisse; ma noi li analizzeremo al contrario: prima l’Apocalisse, poi il vangelo e infine gli Atti.

Nell’Apocalisse infatti si dichiara che la novità apportata da Gesù consiste nel fatto che in lui la tenda, cioè la dimora, la casa di Dio è con gli uomini. È proprio ciò che è successo nella storia del messia di Nazareth: ha asciugato ogni lacrima che ha incontrato, ha vinto la morte, ha consolato i lamenti, ha calmato gli affanni…

E tutto ciò… per far conoscere agli uomini chi è Dio, come è fatto Dio. Come se dicesse: “Cari uomini, vi siete sempre immaginati un dio lassù, lontano, separato, che vi scruta come un giudice, pronto ad elargire premi ai buoni tanto quanto punizioni ai cattivi e invece Dio non è così. Ve lo racconto io. Ve lo racconto con i miei discorsi, con le mie chiacchierate, con le mie storie, le parabole, che parlano di Lui. Ve lo racconto coi miei gesti, che mai hanno inflitto il male a qualcuno… perché Dio è così. È l’amante dell’umano”.

Un amante, così amante, cioè così gratuito e decentrato da sé, che non chiede nemmeno il contraccambio: gli piacerebbe solo contagiarci di questa passione per l’umano. Tant’è che quando dà un comandamento, ne dà uno nuovo «che vi amiate gli uni gli altri».

E per non essere frainteso, perché non tornassimo a pensare “Sì, dobbiamo amare il nostro prossimo, ma prima bisogna che amiamo Dio e, se c’è da scegliere, certo scegliamo Dio” fa un gioco di parole curioso. Dice: «Come io ho amato voi»… e tutti si aspettano che prosegua “così anche voi amate me”… e invece – ecco la novità – «così amatevi anche voi gli uni gli altri».

A Dio non interessa essere ri-amato; gli interessa che tutti amino ciò che Lui ama e cioè l’umano. Per questo il vangelo aggiunge che i suoi discepoli saranno riconoscibili non per il bene che vogliono al loro Dio, ma per il bene che si vogliono tra di loro. Volersi bene tra di noi è il segno che abbiamo capito chi è Dio.

Ecco perché Paolo può proclamare che la fede è aperta ai pagani; perché – sulla scia dell’esperienza del suo Maestro – impara che si può voler bene anche a un pagano, cioè a un diverso, a uno degli altri.

Io credo che sia ora che la nostra fede si converta a questa novità, per smettere di affannarci intorno a problemi spiritualoidi che riguardano il nostro rapporto con Dio e iniziare ad affrontare i problemi che riguardano l’umano, il voler bene all’umano… che non è cosa banale e lineare, perché l’umano a volte fa schifo, delude, spaventa…

Quando succede così noi lo chiamiamo “dis-umano”, ma invece è anche lui umano (che sia in me o in un altro), figlio di questa umanità e quindi figlio anche mio.

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