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domenica 20 settembre 2015

XXVI Domenica del Tempo ordinario


Dal libro dei Numeri (Nm 11,25-29)

In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

 

Dalla lettera di san Giacomo apostolo (Gc 5,1-6)

Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.

 

Dal vangelo secondo Marco (Mc 9,38-43.45.47-48)

In quel tempo, Giovanni rispose a Gesù dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nelle Geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

 

Il vangelo che la Chiesa ci propone in questa Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario, si presenta – ad una prima lettura – di non facile comprensione perché sembra racchiudere discorsi di Gesù accostati in un secondo momento e – almeno apparentemente – non troppo lineari tra di loro: vi è una prima parte in cui si parla dell’episodio di un tale che scacciava i demoni nel nome di Gesù, con il disappunto dei discepoli; vi è una seconda parte in cui si parla dell’accoglienza di chi crede in Lui e dello scandalo a cui spesso è sottoposto; vi è, infine, una terza parte il cui tema è legato all’immagine del “tagliare” ciò che, dei discepoli, crea scandalo.

Ulteriore motivo di fatica nella lettura del testo è il facile travisamento in cui alcune espressioni possono essere (e sono state) interpretate, soprattutto per quanto riguarda l’ultimo argomento trattato.

Ci facciamo allora instradare dal commento che Bruno Maggioni fa di questo brano in Il racconto di Marco, Cittadella Editrice, Assisi 199912, 140-142: «Si tratta di insegnamenti disparati tenuti insieme da parole-chiave, che hanno il merito, da una parte, di facilitare la memorizzazione e, dall’altra, di indicarne aspetti salienti. Nel nostro caso le parole-chiave sono due: nel mio nome e scandalo. Sono insegnamenti disparati che però hanno in comune l’uditorio (la comunità) e, più interiormente, devono tutti essere letti alla luce della Passione di Cristo: sono infatti precedute dalla seconda predizione della Passione [cfr. il vangelo di Domenica scorsa]: indicano alcuni contenuti della sequela.

martedì 8 settembre 2015

XXIV Domenica del Tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaìa (Is 50,5-9a)

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?

 

Dalla lettera di san Giacomo apostolo (Giac 2,14-18)

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».

 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 8,27-35)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

 

In questa Ventiquattresima Domenica del Tempo Ordinario la Chiesa ci propone – come brano di vangelo – il testo che sta al centro dello scritto di Marco.

Il vangelo di Marco, infatti, proprio all’inizio (cap. 1, v. 1) diceva: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio». Il che è curioso, se si pensa che i biblisti ci hanno insegnato che questo evangelista scrive per rispondere alla domanda “Chi è Gesù?”. È dunque curioso che inizi così, perché già nella sua prima riga sembra dare la risposta: è il Cristo, il Figlio di Dio.

Ma… Cosa vuol dire essere il Cristo, il Figlio di Dio? Ecco tutto il resto del vangelo: come se Marco dicesse, la riposta te l’ho data, ma adesso devi riempirla di senso.

Non a caso le “parole chiave” Cristo e Figlio di Dio ritornano nei momenti decisivi e vanno così a segnare la struttura del vangelo: Cristo si ripresenta a metà del vangelo (alla fine del primo tempo, per parlare in gergo cinematografico) e Figlio di Dio alla fine del secondo tempo e del film (Mc 15,39 «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!»).

Solo allora potremo davvero rispondere sensatamente alla domanda “Chi è Gesù?”.

Il brano di oggi corrisponde a quello in cui è contenuta la prima parola chiave: Mc 8,29 «Tu sei il Cristo».

Ci troviamo dunque esattamente al centro del vangelo di Marco, dove ricorre il famoso testo della confessione di fede di Pietro, con tutto quanto segue: il primo annuncio di Gesù della sua passione, il rimprovero di Pietro, il noto “Vade retro Satana” e le parole di Gesù sul discepolato: «Se qualcuno vuol venire dietro a me…».

Questo testo è importantissimo per la fede cristiana perché in esso è strutturato l’itinerario della fede:

-       il primo passo è rispondere alla domanda – rivolta dal Signore a ciascuno di noi “Chi dite che io sia?”;

-       il secondo, è decidere di seguire il Signore («Se qualcuno vuol venire dietro a me»);

-       il terzo, è rinnegare se stessi;

-       e l’ultimo è prendere la propria croce.

Si tratta di un itinerario che in qualche modo scandisce il progredire della vita cristiana, ma che, contemporaneamente, è sempre inesauribile… Ci si ritrova – nelle varie fasi della vita – a ripercorrerlo sempre daccapo, quasi come una spirale che ritorna sempre sulle stesse questioni, ma ogni volta a profondità diverse.

Ma… andando un po’ più a fondo: Cosa vogliono dire queste espressioni? Proviamo a guardarle più da vicino…

venerdì 4 settembre 2015

XXIII Domenica del Tempo ordinario


Dal libro del profeta Isaia (Is 35,4-7a)

Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d'acqua.

 

Dalla lettera di Giacomo (Gc 2,1-5)

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

 

Dal Vangelo di Marco (Mc 7,31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

Dopo il duro scontro, che il vangelo di domenica scorsa presentava, tra Gesù e i farisei, il testo riporta l’annotazione per cui Gesù, «partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse» (Mc 7,24).

Gesù cioè, di fronte all’ennesima controversia con i suoi oppositori e di fronte all’ennesima conferma della durezza e ipocrisia dei loro cuori, sembra volersi ritirare in luoghi stranieri per starsene un po’ solo. Non vuole infatti che nessuno sappia della sua presenza.

Ma – come gli era già successo in occasione della moltiplicazione dei pani (cfr Mc 6,30-34), quando, volendosi ritirare in disparte coi suoi discepoli, era invece stato seguito da una grande folla – anche qui il suo intento sfuma: una donna siro-fenicia prima (Mc 7,25-30) e un sordomuto poi (Mc 7,31-37, che è il brano odierno) gli si pongono sul cammino e lo sollecitano a uscire dal nascondimento in cui Egli invece avrebbe preferito, per un poco, restare.

Anche in questa occasione, come con la folla a cui poi aveva moltiplicato il pane, Gesù non reagisce malamente, non rifiuta l’incontro per seguire il suo (giusto) desiderio di starsene un po’ in disparte, non riesce a «stare nascosto» (Mc 7,24); anzi, proprio come allora, quando si era intenerito perché tutta quella gente gli era apparsa come pecore senza pastore, anche qui in Gesù ciò che viene immediatamente a coscienza è la com-passione, è il lasciarsi interpellare dall’altro che gli si fa incontro, è il lasciarsi coinvolgere nella sua storia e nella drammatica della sua vita.

Nonostante dunque il bisogno di stare in disparte, ingeneratosi in lui dalla discussione coi farisei, nonostante il suo desiderio di essere lasciato in pace, Gesù di fronte alla donna pagana con la figlia malata e al sordomuto che gli portano – di fronte cioè ai piccoli dell’umanità – non riesce a non farsi intenerire e entrambe le volte fa ciò che gli chiedono.

In questa rapida analisi di come ha “funzionato” in quelle occasioni la libertà di Gesù, emerge un tratto dell’interiorità di Dio davvero inedito, perché – per noi cristiani – chi vede Gesù, vede come è fatto Dio!
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