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martedì 3 luglio 2007

La Libertà come Missione

Al lettore attento (e fedele) non sarà sfuggito che la prospettiva da cui parto in ogni articolo è proprio quella che è inaugurata dall’esperienza di Mosé descritta nel libro dell’Esodo.

Al lettore fedele (e attento) non sfuggirà che gli articoli che seguiranno, per il tempo e lo spazio che mi sarà dato, restando all’interno della stessa prospettiva, cercano di svilupparne il contenuto. E questo perché se il “libro” della Bibbia, come qualunque altro libro, va letto e sfogliato girando le pagine, pagina dopo pagina, per una sua “profonda” comprensione, dopo averlo letto e meditato, bisognerebbe chiuderlo e tenendolo chiuso metterlo come in controluce quasi a volerne attraversare con un solo sguardo tutte le pagine, quasi a domandarsi: “Qual è la “logica” che “attraversa” e tiene insieme tutte queste “pagine”?

Ci chiediamo quindi: "Qual è la “parola-azione” chiave che può “rivelare” tutta l’azione di Dio ivi descritta e il faticoso cammino dell’uomo nell’accoglierla?". Nello spazio che ci è dato proviamo a dare una nostra risposta, senza per questo escluderne altre… in fondo penso che ciascuno dovrebbe trovare la propria… Ebbene, penso che la “chiave” di comprensione sia data proprio dall’esperienza di Mosé descritta nel nostro libro dell’Esodo. Non intendo addentrarmi in una spiegazione scientifica (esegesi), o una lettura spirituale (lectio divina), “modi” certo indispensabili per un corretto approccio alla bibbia, ma vorrei cercare di capire la Logica che “presiede” a tutto il brano… e quindi a tutta la Bibbia, e da qui a tutta la storia della Chiesa e dell’umanità intera! Infatti se da un lato, esiste un’esigenza umana fondamentale di cogliere in unità le infinite connessione tra le “cose”, e questo non solo al livello scientifico: questa vita moderna, spesso parcellizzata e frantumata tra “le mille cose a cui tener testa”, esige ancor più che in passato, uno “sguardo” unificante e pacificante, che senza censurare la realtà nella sua complessità, cerca, con uno sguardo sul tutto, di cogliere il "progetto" unitario di Dio. Dall’altro, solo una “visione” di questo tipo, può dare piena giustificazione di tutta l’azione missionaria della Chiesa: solo se esiste un “progetto” del Padre sull’umanità intera, su “ogni uomo”, la missione non è proselitismo. Quello che appare dal libro dell’Esodo e che attraversa tutta l’esperienza credente descritta nella Tradizione biblica, è che Dio, “scende” in mezzo al suo popolo e lo libera attraverso il dono di una libertà nuova, attraverso il “dono della propria libertà”!La libertà infatti, contrariamente a quanto mi capita spesso di leggere in questo o quel libro o di ascoltare in discorsi più o meno impegnati, a me pare che, biblicamente parlando, non è mai la possibilità di scegliere tra il bene o il male, ma è invece la possibilità, che Dio solo può dare, di poter scegliere il bene per sé e per gli altri. È per questo che, “questa” libertà, come la manna nel deserto, ha bisogno di essere sempre rinnovata dal rapporto sempre nuovo di amicizia con Dio e con gli uomini. È una libertà che ha come fine la comunione-amicizia (Alleanza) con Dio perché essa è possibile solo in questa comunione-amicizia (Alleanza) con Dio: in quanto dono esclusivo di Dio, in quanto essa “è” Dio stesso.

A partire da Mosé quindi, storicamente, inizia una lunga pedagogia di Dio per insegnare all’uomo ad essere veramente libero. Questa pedagogia, senza concludersi, si compie definitivamente in Gesù Cristo… ed è in questo movimento di liberazione che si inserisce la missione della Chiesa fino alla fine dei tempi…

Prima dell’azione di Dio in Mosé e nel suo Popolo, nella storia dell’umanità, l’unica concezione di libertà consisteva nel tentativo per l’uomo di “diventare a sua volta” il “padrone di altri uomini” riducendoli in schiavitù… O cercare di diventare sempre più potenti per potersi sottrarre ad ogni forma di vincolo… In questa logica, solo colui che è “padrone del mondo” è un uomo veramente libero…L’idea stessa della divinità era quella di un essere che proprio perché esente da ogni vincolo, è somma libertà. Veramente libera quindi era solo la divinità. Non a caso la massima autorità politica (faraone, imperatore, re…), era anche “divinizzata” e quindi era anche autorità religiosa… Insomma, solo a partire dall’esperienza personale di Mosé, Dio, “somma potenza” e “somma libertà”, si “lega al suo popolo” e mostra storicamente come all’interno di questo legame (Alleanza), non solo non viene meno la libertà e la potenza di Dio, ma nasce la possibilità di ogni vera libertà umana: nell’“Alleanza” l’uomo acquista finalmente la sua dignità di uomo libero e Dio rivela pienamente la propria.

Siamo qui davanti a una inaudita visione della libertà, che mi sembra fino ad oggi non sia stata ancora pienamente recepita nella vita, nel linguaggio e nel pensiero comune e non solo cristiano: basta leggere qualche dizionario, anche specialistico, alla voce “libertà”…

Eppoi ci si stupisce che ancora oggi “le guerre” non solo non cessano ma sembrano aumentare di numero e di intensità…Da questo rapporto di comunione-amicizia-alleanza con Dio, scaturirà il Decalogo (letteralemente: “le dieci Parole-Azioni” e NON “i dieci comandamenti”), e da qui il culto con i suoi riti e le leggi del Popolo di Israele. Come memoria-dono, di una libertà sempre nuova… In questa prospettiva, fedeltà e libertà coincidono esistenzialmente. Sempre in questa prospettiva il peccato allora appare, non tanto come una “macchia sulla coscienza” o “colpa oscura”, ma come un rifiutare di percorrere un cammino di autentica libertà e voler “tornare in schiavitù”: rifiutare insomma di “diventare uomini”. Infedeltà, peccato, disobbedienza, rottura della comunione-amicizia-alleanza con Dio, sono qui “praticamente” sinonimi.

Questo dono di sé e della propria libertà di Dio all’uomo, attraverso un itinerario storico concreto, si scontra ben presto con la tendenza interna all’uomo di ridurre tutto alla misura della propria paura: nella storia di Israele, l’uomo scopre che gli ostacoli alla propria liberazione completa si trovano proprio nel cuore stesso dell’uomo (cfr ad es. il libro della Genesi) e questo è sorgente di continua sofferenza; a questo si aggiunge esteriormente la consapevolezza che la morte resta un ostacolo insormontabile per l’uomo e davanti ad essa sembra sbriciolarsi ogni “sogno” di libertà piena, ogni possibile attuazione della Promessa di Dio. Gli oracoli dei profeti si inseriscono proprio in questa drammatica lacerazione: nella presa di coscienza dell’impossibilità umana di autentica liberazione e nella “ostinata” Promessa di Dio di attuarla definitivamente. Sarà allora soltanto in Gesù Cristo che, facendoci dono del suo Spirito attraversando il “Mar Rosso” della morte, si renderà veramente possibile ad ogni uomo un cammino di liberazione capace di “passare attraverso” la morte esterna vincendone la paura interna…

Ma c’è, mi sembra, una ragione più profonda del fatto che solo in Gesù Cristo, Dio Padre, può attuare definitivamente quella Promessa di incamminare l’umanità in un itinerario di autentica liberazione. Se infatti, come ci mostra l’esperienza credente del popolo di Israele, la libertà scaturisce dalla piena comunione con Dio, solo Colui che è in piena comunione con Dio è veramente un uomo libero, capace a sua volta di essere sorgente di liberazione per coloro che si affidano a lui. E Gesù è da sempre in comunione con Dio in quanto è in perenne ascolto del Padre e non cessa di esserlo nemmeno davanti alla paura della morte. Se quindi senza difficoltà possiamo riconoscere che l’azione liberatrice di Dio nella storia inizia “cronologicamente” con Mosé e con la nascita del popolo di Israele, possiamo riconoscere che è là dove “concretamente” questa libertà si compie che essa trova la propria “sorgente storica”: e questo è ciò che accade in Gesù Cristo… Gesù Cristo infatti non è creduto “Figlio di Dio” e “Salvatore”, perché semplicemente, mi si passi il termine, “ce lo dice lui!”, ma perché con tutta la sua vita, coloro che lo incontrano, piano piano fanno reale esperienza, in una comunione di vita e di amicizia, di autentica liberazione: si scoprono già su questa terra (e non banalmente solo dopo la morte), “liberati”, cioè “salvati”…Gesù è “creduto” Figlio di Dio, perché i suoi discepoli, sebbene a fatica, riconoscono che in Lui si compiono le “gesta” che Dio ha compiuto fin dai tempi di Mosé. Fanno cioè, lentamente ma inesorabilmente, esperienza dell’Amore-Perdono di Dio in quanto Dio ama liberando! E la Comunità credente (Chiesa), definita tale per il suo rapporto di amicizia col Cristo, nel dono dello Spirito ne riceve continuamente in Dono (Agape) la sua Vita (Comunione) e la sua Libertà (Salvezza) (cfr 2Corinti 3,17). Questo diventa anche il suo “lavoro” e la sua “missione” nella storia.

In cosa consiste allora la Missione di questa “Comunità di amici di Gesù”, come io chiamo la Chiesa? Essa consiste semplicemente in un annuncio di liberazione che si attua nella comunione amicale con Colui che è libero e dona la propria libertà: Gesù Cristo appunto e coloro che egli “associa a sé”… Annuncio naturalmente che non si riduce a proclamazione verbale ma che diventa, nelle diverse situazioni storico-culturali, apertura concreta, nella comunione amicale, di itinerari autentici di liberazione… Perché oramai amare, amare veramente, vuol dire liberare!
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